Da sempre l’impronta su impianti rappresenta una fase tanto complessa quanto altamente importante al fine di procedere ad una corretta riabilitazione protesica.
Lo scopo dell’impronta su impianti è quello di rilevare in maniera accurata e precisa la loro posizione tridimensionale all’interno dell’arcata dentale, le loro inclinazioni e le relazioni spaziali che intercorrono con altri impianti o strutture orali (come denti, creste alveolari, tessuti molli).
In virtù della loro rigida connessione con l’osso, è estremamente importante che la struttura protesica si colleghi passivamente agli impianti stessi al fine di alleviare tensioni e sollecitazioni permanenti sia ai tessuti biologici (osso e tessuti molli perimplantari) che alle componenti della protesi1,2. L’adattamento passivo delle protesi su più impianti dentali dipende quindi in primo luogo proprio da un’impronta accurata ma anche dall’applicazione di una corretta tecnica di impronta3.
Tecniche di impronta su impianti
Nei casi di riabilitazione protesica su impianti multipli, in particolare modo quando si tratta di arcate edentule complete, lo splintaggio dei transfer da impronta (ossia la loro connessione reciproca con un materiale rigido) inseriti sugli impianti previamente posizionati nell’osso è una tecnica generalmente raccomandata4,5.
Lo splintaggio rigido dei transfer risulta infatti molto utile per evitare spostamenti dei transfer stessi al momento della rimozione dell’impronta dal cavo orale. In questo momento infatti si ha il più alto rischio di deformazione del materiale da impronta, in virtù della forza applicata per la rimozione del portaimpronta6.
Questa difficoltà nel rimuovere l’impronta dal cavo orale, a causa principalmente di sottosquadri che devono essere superati dall’impronta e zone di ritenzione presenti nel cavo orale, è un fattore da tenere certamente in considerazione in quanto la maggior parte degli errori di un’impronta deriverà da questa procedura.
Il rischio di deformazione del materiale in seguito a rimozione dal cavo orale con spostamento dei transfer nell’impronta risulta tanto più elevato quanto più inclinati e non paralleli tra loro risultano gli impianti6 e aumenta anche all’aumentare della lunghezza dell’arco di cerchio formato dalla distribuzione degli impianti all’interno dell’arcata7.
Durante le fasi di sviluppo del modello in laboratorio, può inoltre succedere che il collegamento dell’analogo implantare al transfer faccia ruotare il transfer stesso all’interno della massa dell’impronta8. L’odontotecnico deve quindi prestare grande attenzione in questa fase al fine di non modificare la posizione dei transfer immersi nel materiale da impronta o causarne il distacco. Qualora il transfer da impronta ruotasse su sé stesso durante questa fase, il rischio di mobilizzazione dello stesso durante lo sviluppo del modello in gesso risulterebbe molto alto.
Come infatti sappiamo, lo sviluppo del modello in gesso (reazione di presa) è caratterizzato da una iniziale contrazione del materiale seguita da una successiva fase di espansione della massa. Può succedere dunque che durante la fase di colatura del modello si abbia un movimento del sistema transfer-analogo nell’impronta colata, a causa della contrazione ed espansione del gesso. Anche in questo senso, lo splintaggio dei transfer può risultare utile a prevenire inconvenienti.
Tecniche di splintaggio
Sono state proposte varie tecniche per stabilizzare clinicamente i transfer durante le fasi di impronta4. L’uso di resine acriliche a ridotta contrazione dimensionale, impiegate da sole o utilizzate in associazione ad altri materiali rigidi (fili metallici o fibre) connessi ai transfer da impronta è di certo la tecnica più diffusa tra i clinici al giorno d’oggi.
Il vantaggio di questa tecnica è quello di essere facilmente attuabile senza il bisogno di possedere particolari attrezzature. Tuttavia, essa richiede un tempo alla poltrona discretamente elevato, con possibili difficoltà tecniche qualora i transfer si trovino in posizioni scomode (mascellare superiore posteriore). Inoltre, è presente il rischio di spostamento dei transfer nell’impronta in seguito alla contrazione della resina stessa, specialmente se si utilizzano resine metacriliche.
Come noto dalla letteratura, l’entità della contrazione è poi dipendente dal volume di resina utilizzata per collegare i vari transfer e dal tempo che intercorre dalla presa dell’impronta alla colatura del modello9,10.
Per evitare l’inconveniente della contrazione della resina, alcuni clinici privilegiano altre tecniche come l’unione dei transfer tramite elettro-saldatura diretta intraorale con un’unica barra in titanio o altri materiali metallici mediante una pinza saldatrice con i becchi in rame11.
Tali tecniche prevedono la fusione delle strutture di titanio, che viene quindi portato a temperatura di fusione (1660 °C), in tempi estremamente rapidi (2-5 millisec) attraverso il passaggio di una determinata quantità̀ di corrente elettrica da una pinza con becchi in rame (Pinza di Mondani). Grazie alla differente conducibilità termica tra il rame presente negli elettrodi e le componenti di titanio il calore generato dal procedimento viene rapidamente dissipato e sottratto al sistema saldato.
Tuttavia, non è da escludere la trasmissione di una certa quantità di calore ai tessuti biologici circostanti anche se tali sistemi in linea di massima appaiono sicuri se utilizzati con componentistica dedicata e settaggi della macchina saldatrice certificati.
Dagli studi in letteratura, emerge che, nonostante lo splintaggio dei transfer a livello clinico comporti un notevole aumento dei tempi alla poltrona, le impronte su impianti risultano notevolmente più accurate quando i transfer vengono splintati in modo rigido tra loro3,4,7.
Anche per quanto riguarda le impronte digitali sembra che lo splintaggio dei transfer, anche con sistemi non rigidi, aumenti l’accuratezza delle impronte stesse12.
Per queste ragioni, l’impronta su impianti multipli è possibile senza splintaggio solo in casi selezionati in cui, ad esempio l’arco di cerchio disegnato dalla posizione degli impianti non risulti particolarmente elevato. Oppure quando gli impianti risultino paralleli tra loro o con inclinazioni non accentuate, che consentano una agevole rimozione dell’impronta dal cavo orale senza esercitare particolari forze.
Risulta altresì importante, specialmente in caso di impianti non paralleli tra loro utilizzare un materiale da impronta rigido ma che abbia al contempo un certo ritorno elastico al fine di compensare le forze esercitate durante la rimozione dell’impronta dal cavo orale senza venire a sua volta distorto. Come indica la letteratura, è quindi maggiormente indicato l’utilizzo di polivinilsilossani piuttosto che di polieteri quando l’impronta viene effettuata su impianti angolati e non paralleli13.
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