Il successo di qualsiasi protesi fissa dipende dalla precisione con cui vengono registrate le impronte delle arcate dentali. Pur rimanendo centrale il corretto rilievo delle preparazioni non va trascurata la presa dell’impronta dell’antagonista e dei contatti interocclusali, argomenti questi che approfondiremo in altre trattazioni in modo più esteso.
L’importanza del distanziamento tissutale
Per giungere a improntare le aree o linee di preparazione e, quando necessario, gli spazi oltre preparazione, è importante distanziare adeguatamente i tessuti molli. L’obiettivo della retrazione gengivale è proprio quello di spostare atraumaticamente i tessuti per consentire l’accesso del materiale al margine da leggere e fornire spessore sufficiente al materiale a questo livello, in modo tale da non incorrere in strappi, soprattutto quando si adoperano composti particolarmente rigidi.
Le difficoltà sono tanto più elevate quanto più a livello sottogengivale viene posto il margine di chiusura, oppure quando sono presenti tessuti infiammati nella zona gengivale e un biotipo sottile. Per questi obiettivi delicati sono disponibili numerosi strumenti e tecniche; in particolare è interessante valutare i motivi che possano spingere all’utilizzo di uno piuttosto che di due fili di retrazione.
Altri aspetti da considerare
Durante la fase iniziale il dispositivo viene inserito gentilmente nel solco con l’ausilio di strumenti spingi-filo, prestando particolare attenzione ad evitare il più possibile ogni eventuale sanguinamento, evenienza questa resa ulteriormente remota impiegando liquidi attivi nell’emostasi della zona del solco. Si tratta di fluidi addizionati a specifiche soluzioni contenenti solfato o cloruro di alluminio, o solfato ferrico.
Questi composti devono essere utilizzati tenendo in considerazione le interazioni con siliconi e polieteri che possono intervenire. In particolare i siliconi possono subire inibizione quando utilizzati dopo applicazione di solfato di alluminio, mentre i polieteri possono andare incontro ad inibizione della polimerizzazione quando viene adoperato un liquido retrattore contenente cloruro di alluminio o solfato ferrico.
Queste manovre rappresentano un crocevia imprescindibile per raggiungere risultati affidabili in protesi fissa, portando alla realizzazione di protesi di qualità dotata di fedeltà marginale e un profilo di emergenza adeguato. Per queste ragioni il clinico deve poter scegliere alcuni fattori per rendere più semplice il proprio workflow e migliorare i risultati, e tra questi è importante valutare se inserire uno o due fili di retrazione.
Studi clinici
Per aiutare gli odontoiatri in questa scelta è stato eseguito nel 2017 uno studio clinico sulla retrazione gengivale realizzato su 67 individui, randomizzato, su 3 gruppi (2 test e 1 controllo). Nel gruppo 1 (test) è stato utilizzato solamente un liquido di retrazione, nel gruppo 2 (test) un filo associato a liquido di retrazione, nel gruppo 3 (controllo) è stata utilizzata la tecnica convenzionale a due fili senza l’aggiunta di liquidi di retrazione.
I risultati mostrano che per il tecnico preparare una corona adeguata risulta più semplice quando viene adoperata la tecnica convenzionale a due fili. Questa si conferma pertanto la più affidabile nell’esporre il margine di preparazione e l’oltre fine preparazione, pur rischiando comunque di causare minime recessioni tra il momento della presa dell’impronta e il momento della consegna della protesi definitiva, mostrando dunque piccoli traumatismi dei tessuti rosa.
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