27
Ago
Il misfit implanto-protesico: impronta analogica e digitale e altri fattori coinvolti
Secondo il Glossary of Prosthodontics Terms (1), il “fit” viene definito come “l’adattamento di qualsiasi restauro dentale alla sua sede, in bocca”.
Per quanto concerne l’implantologia e l’implanto-protesi, il corretto adattamento di una protesi sugli impianti dentali è molto importante.
La ricerca del fitting passivo risulta essere un passaggio fondamentale senza il quale non si può procedere alla lavorazione finale dei manufatti implanto-protesici (2).
È necessario infatti che questo fitting a livello della connessione implanto-protesica non generi stress o altre situazioni che possano causare complicanze biologiche o meccaniche nel lungo termine (3).
Infatti, un’incongruenza tra la protesi e gli impianti, o gli abutment secondari (in caso di Multi Unit Abutment), genera stress e tensioni che a seconda del tipo di misfit possono scaricarsi sulle sovrastrutture protesiche (framework, viti di connessione, materiali di rivestimento), sugli impianti o sull’osso perimplantare (4,5).
Il misfit può poi essere di tipo verticale, orizzontale, angolare o rotazionale a seconda dell’asse spaziale in cui si verifica la disomogeneità nei rapporti tra le superfici di accoppiamento implanto-protesiche (6,7).
I principali fattori che influenzano il fitting di una struttura implanto-protesica
Tra i fattori che influenzano il fitting di una struttura implanto-protesica annoveriamo la tipologia di impronta (8,9).
#1 La tipologia di impronta
La modalità, la tecnica, i materiali da impronta o gli scanner, con le loro diverse strategie di scansione usati per rilevare l’impronta su impianti, sono i primi responsabili delle inaccuratezze nella produzione del modello su cui poi verrà realizzata la protesi (si veda anche il nostro articolo “Impronta su impianti multipli: è possibile senza splintaggio?”). (10).
Ad oggi, con le tecnologie digitali, si può anche pensare di lavorare senza modello in un workflow full-digital (11).
Tuttavia, è sempre la tipologia di caso clinico a determinare se è possibile fidarsi completamente del digitale o meno.
Nel monoimpianto o nei casi in cui si riabilitano anche più impianti, che però siano paralleli tra loro, e in un’emiarcata, è possibile effettuare un protocollo full-digital (8,9), mentre per quanto riguarda l’arcata completa il flusso analogico con impronta in materiale rigido e produzione di modello in gesso sembra ancora essere una soluzione sicura (8,9).
Nel flusso full-digital, quando si lavora senza alcun modello fisico, eventuali problemi di misfit dei framework non possono essere verificati prima della produzione del framework protesico e non potranno essere corretti se non si riprende un’altra scansione intraorale (11).
Nei casi in cui si possano ravvisare queste tipologie di difficoltà risulta quindi sempre utile produrre almeno un modello stampato 3D che potrà servire sia come verifica dell’impronta fatta che come modello di lavoro anche in caso di modifica del framework protesico (12).
Ovviamente la produzione del modello stampato in 3D porta con sé discrepanze relative ai parametri di setting della stampante, tipo di resina, etc. (per approfondire, si veda l’articolo “Modelli in gesso vs Modelli 3D stampabili: caratteristiche e fattori di accuratezza a confronto”) che possono influenzare a loro volta la posizione degli analoghi implantari nel modello (13).
Tuttavia, la possibilità di costruirsi un JIG di verifica e modificare il modello riposizionando gli analoghi, come solitamente si fa con i modelli in gesso, risulta di notevole importanza nei casi complessi per non andare incontro a problemi di misfit (14).
#2 La tecnologia di fabbricazione dei framework protesici
Altro fattore molto importante è la tecnologia di fabbricazione dei framework protesici (15,16).
Grazie all’avvento del digitale, oggi esistono nuove modalità e nuovi materiali con cui vengono fabbricati i framework implantoprotesici, come la fresatura o la stampa 3D.
La zirconia fresata, ad esempio, è un materiale che oggi può essere usato con questa funzione e che, oltre ai numerosi vantaggi in termini estetici, può non necessitare di materiale da rivestimento come invece avveniva per il metallo (17,18).
Tuttavia, la zirconia necessita sempre di Ti-base a livello della connessione implanto-protesica; infatti, essendo una ceramica policristallina, non è un materiale adatto alla filettatura che porterebbe inevitabilmente a microfratture.
Inoltre, la vite protesica, prodotta in titanio o in altri metalli compatibili con le spire interne degli impianti o dei MUA, presenterebbe problemi di adattamento e stabilità meccanica con la struttura in zirconia, viste le diverse proprietà di resistenza e duttilità dei materiali (19).
Il vantaggio dei Ti-base è, poi, quello di ridurre eventuali tensioni nella struttura protesica dovute ad imprecisioni nella fabbricazione, grazie al piccolo gap necessario per la cementazione col framework (20).
#3 Altri fattori implicati nel misfit
Esistono però anche altri fattori implicati nel misfit, come:
- il disegno del framework (21);
- l’applicazione di materiale di rivestimento (22);
- la tipologia di connessione implanto-protesica (23);
e altri che accenniamo ma che necessitano di ulteriori studi.
Conclusioni
Il corretto adattamento di una protesi sugli impianti dentali è cruciale per garantire la longevità e il successo clinico delle riabilitazioni implantari.
La ricerca del fitting passivo è un passaggio essenziale per evitare complicanze biologiche e meccaniche a lungo termine.
La scelta dei materiali, delle tecnologie di fabbricazione e del workflow da seguire richiede sempre considerazioni specifiche per ogni caso clinico atte a massimizzare gli outcomes.
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