La duplicazione del modello in gesso è un passaggio utile, alle volte insostituibile, in alcune lavorazioni odontotecniche, ad esempio quando esiste il rischio di danneggiamento (anche solo a livello di dettaglio anatomico) o qualora sia utile o necessario effettuare delle modifiche durante la modellazione del manufatto. Così si evita, molto semplicemente, di dover acquisire delle nuove impronte.
Avere a disposizione più copie può anche tornare utile ai fini dell’archiviazione del caso clinico, pratica che consente di completare lo storico del piano di cure e ne mantiene il valore dal punto di vista medico-legale, in particolare se, rispetto al baseline di raccolta delle impronte, sono stati compiuti trattamenti non reversibili.
Per quanto siano disponibili più tecniche, concettualmente la procedura consiste nella raccolta di un’impronta del modello master, sulla quale effettuare poi la colatura con materiale da sviluppo.
Tra i materiali impiegati per la duplicazione si ritrovano gli idrocolloidi, suddivisi in tre tipologie.
Materiali non reversibili (tipicamente alginati)
L’uso dell’alginato permette l’impiego di una procedura alternativa alla duplicazione del modello master. A partire dall’impronta originale, posto che questa non sia chiaramente danneggiata dopo la colatura del modello master, è possibile sviluppare una seconda impronta, che potrebbe comunque essere verosimilmente meno precisa.
Materiali reversibili (gelatine)
A differenza dell’alginato che, una volta miscelato con acqua nel giro di qualche minuto giunge a indurimento in modo non rimediabile, le gelatine costituiscono materiali termoplastici riutilizzabili, in quanto ritornano in forma fluida dopo riscaldamento.
Questi prodotti trovano impiego soprattutto nella realizzazione dei modelli in rivestimento (duplicati del master in materiale refrattario) su cui modellare in cera la struttura di base della scheletrata.
Siliconi per addizione
Allo stato attuale dell’arte, tali materiali assicurano le prestazioni più elevate in termini di precisione. Questo dato viene confermato da uno studio condotto da Eriksson in ambito di protesi fissa, in cui viene sottolineato come la discrepanza risulti più elevata dalle 24 ore in poi. Non si ritrovano invece differenze significative fra le due tipologie di idrocolloide.
Ciò non li pone in concorrenza con i materiali considerati in precedenza, ma ne indirizza semplicemente l’uso in maniera diverso, anche alla luce di altri aspetti (non da ultimo il costo). Nella fattispecie, l’uso dei siliconi per impronte è raccomandato qualora si necessiti di copie altamente dettagliate, ad esempio nella realizzazione di Maryland bridge o nella duplicazione di monconi per auro galvan crown.
Gli idrocolloidi rappresentano una valida soluzione di compromesso, con particolare attenzione alla conservazione. A questo proposito, studi più recenti sembrano portare avanti la lancetta anche per quanto riguarda tali materiali.
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