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Modelli in gesso vs Modelli 3D stampabili: caratteristiche e fattori di accuratezza a confronto

La stampa 3D è un processo additivo (AM – Additive Manufacturing) che consente la costruzione fisica di modelli digitali attraverso la stampa per strati.

Nacque nel 1986 quando Charles Hull depositò il primo brevetto di stereolitografia (SLA) che prevedeva la creazione per strati di oggetti facendo solidificare della resina liquida sensibile alla lunghezza d’onda della luce ultravioletta (400 nm) [1]. Gli strati vengono in questo modo stampati uno sopra l’altro per creare l’oggetto 3D.

Da allora il processo di stampa in strati sottili si è evoluto con tecnologie differenti e una schiera di materiali sempre più vari e performanti [2,3].

La stampa 3D nel settore dentale

Con l’avvento del digitale e degli scanner intraorali, la stampa 3D ha iniziato a diffondersi maggiormente in odontoiatria con svariati utilizzi [4]. Tra questi, possiamo sicuramente riconoscere la costruzione di modelli dentali come una delle principali applicazioni, indispensabile per ottenere un modello fisico a partire da un file STL di una scansione intraorale [5].

In passato, la realizzazione di modelli in gesso colati a partire da un’impronta dentale acquisita per mezzo di specifici materiali (polivinilsilossani, siliconi per condensazione, alginati, polieteri, polisolfuri) era invece l’unico modo per ottenere il modello fisico positivo delle arcate del paziente [6,7].

Su questi modelli analogici, poi, l’odontotecnico andava a costruire il framework protesico o i manufatti ortodontici/gnatologici che venivano quindi inseriti in bocca al paziente [8].

Modelli in gesso e modelli stampabili

Il workflow appena descritto è ancora valido e rappresenta, ad oggi, il gold standard per diverse applicazioni cliniche [9,10].

Infatti, se gli scanner intraorali hanno raggiunto un livello di accuratezza e precisione sovrapponibile in alcuni casi ai materiali da impronta, lo stesso non è vero per i modelli stampati in 3D che risultano generalmente meno accurati di quelli in gesso [11,12].

I fattori che influiscono sull’accuratezza dei modelli stampati in 3D sono molteplici e, ad oggi, ancora molti di questi risultano in fase di studio.

Errori e fattori di accuratezza dei modelli 3D

Gli errori introdotti nella stampa 3D possono derivare:

  1. dall’acquisizione digitale dei dati;
  2. dall’elaborazione delle immagini dei tessuti duri e molli del cavo orale;
  3. dalla miriade di parametri di stampa;
  4. dal post-processing che viene effettuato per ogni oggetto stampato [5].

Diversi lavori scientifici affermano infatti che lo spessore o profondità dello strato di resina da stampare, la spaziatura tra i vari tratti di polimerizzazione, la potenza della luce, la traslucenza del colore della resina utilizzata e l’entità della sovrapolimerizzazione, influenzano fortemente l’accuratezza della stampa 3D [13,14].

Anche l’angolo di costruzione dell’oggetto, la geometria e la configurazione dei parametri dei supporti, sempre necessari per prevenire la deformazione degli oggetti in stampa, costituiscono fattori importanti [15].

Inoltre, i modelli acquisiti attraverso la polimerizzazione di resina liquida sono tutti soggetti a contrazione durante la fase di polimerizzazione [16,17].

La contrazione delle resine per stampa 3D è generalmente alta, vista la quasi totale assenza di riempitivi necessaria a far fluire facilmente la resina tra la base della piattaforma e il fondo della vasca ad ogni ciclo di stampa [18]. E l’entità della contrazione è sempre in funzione della quantità di resina utilizzata.

In uno studio su modelli dentati stampati in 3D si conclude infatti che modelli 3D dentati con un design della base del modello cavi risultano più accurati rispetto a quelli con design a nido d’ape o pieni [19].

La scarsità di filler in queste resine influisce poi anche sulle proprietà meccaniche dell’oggetto, le quali sono quasi unicamente determinate dalla rigidità strutturale del monomero di cui è composta la resina [18,20,21].

Il post-processing della stampa 3D

Qualsiasi oggetto stampato in 3D ha poi bisogno di essere processato ulteriormente affinché venga reso utilizzabile.

Infatti, immediatamente dopo la stampa iniziale, l’oggetto si presenterà ancora parzialmente polimerizzato e con superfici irregolari cosparse di residui di materiale semisolido.

Le fasi del post-processing perciò prevedono [13]:

  1. la rimozione fisica del dispositivo stampato dalla piattaforma di costruzione;
  2. la pulizia della superficie dell’oggetto ed eliminazione della resina non polimerizzata mediante immersione in un solvente organico come l’alcool isopropilico (IPA);
  3. la fase di polimerizzazione finale per completare la polimerizzazione del dispositivo utilizzando una macchina a raggi UV;
  4. la rimozione delle strutture di supporto utilizzando un dispositivo di taglio, un disco diamantato o una punta ad ultrasuoni.

Durante queste procedure l’oggetto stampato in 3D può essere maneggiato in modo incongruo dall’odontotecnico e subire alterazioni che potrebbero inficiare sia l’accuratezza che le proprietà meccaniche finali.

Una soluzione a questo problema l’ha fornita Dentsply Sirona con PrimePrint [22,23] in cui l’automatizzazione del post-processing consente al tecnico/medico di maneggiare l’oggetto solo quando totalmente polimerizzato, per la rimozione dei supporti.

I fattori di accuratezza dei modelli in gesso

Rispetto a tutte le variabili sopra descritte, la produzione di modelli in gesso risulta sicuramente più standardizzata sebbene l’accuratezza degli stessi risulti influenzata da fattori quali [24,25]:

  • le proporzioni acqua/polvere utilizzate;
  • la miscelazione del gesso (automatica sottovuoto o a mano);
  • il tempo di contatto tra materiale da impronta e gesso;
  • l’esposizione del gesso a condizioni di temperatura e umidità tali da determinare una conversione del solfato biidrato in emidrato;
  • lo spessore del materiale da impronta light che presenta una minore resistenza durante la fase di espansione volumetrica del gesso.

I costi dei diversi di modelli

Ovviamente un confronto diretto tra le due tipologie di modelli deve necessariamente considerare anche i costi.

Questi risultano tra gli svantaggi principali delle tecnologie di stampa 3D che, rispetto alle tecniche analogiche (gessi), presentano un costo ancora molto elevato, non solo per ciò che riguarda le macchine/stampanti ma anche per quanto concerne i materiali (resine in particolare).

Anche tra le tecnologie CAD-CAM, facendo un rapido confronto con la classica fresatura a controllo numerico (CNC), la stampa 3D risulta sicuramente più promettente ma ancora molto costosa.

Risulta inoltre importante considerare anche il costo iniziale del software e la curva di apprendimento per utilizzare correttamente lo slicer (funzione usata dal software per la conversione di un file STL nelle specifiche per la stampa 3D al fine di produrre l’oggetto, inclusa la sua posizione nella piattaforma di costruzione, l’orientamento di stampa e i supporti) [13].

L’impiego del materiale gessoso in questo senso risulta molto semplice e poco costoso, ribasabile e stabile dimensionalmente anche per lunghi periodi di tempo [26,27]; altra caratteristica per cui le resine 3D presentano limiti importanti specialmente a tre settimane dalla stampa [28].

L’applicazione clinica dei modelli analogici e 3D

Tra i vari modelli producibili poi con la stampa 3D o con il gesso risulta inoltre importante considerare anche l’applicazione clinica degli stessi; modelli dentati utili per ortodonzia possono presentare livelli di discrepanza fino a 500 um rispetto al corrispettivo file STL [5].

Valori che risultano decisamente inaccettabili se si devono realizzare protesi su denti naturali o impianti [29,30]. E, considerate le differenze in termini di accuratezza e precisione delle stampanti 3D in commercio, risulta fondamentale conoscere e scegliere quelle che maggiormente si adattano alle esigenze cliniche [5].

Conclusioni

Per quanto queste nuove tecnologie risultino promettenti ed interessanti da un punto di vista clinico applicativo, ancora oggi (2022), il workflow analogico tradizionale che prevede la realizzazione dei modelli in gesso risulta il gold standard perché predicibile e validato clinicamente da anni.

Sarà senz’altro interessante vedere se e come questo potrebbe cambiare in futuro l’avanzare di tecnologie sempre più performanti.


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