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Procedure cliniche per la realizzazione di protesi fissa su impianti multipli

La protesi fissa supportata da impianti comprende tutte quelle forme di protesi dentali quali corone, protesi ad arcata completa, protesi parziali, nonché protesi maxillo-facciali, che si ancorano e sono interamente supportate da impianti dentali [1].

Fasi cliniche e tecniche di realizzazione di protesi fisse su impianti multipli

Le fasi cliniche e le tecniche di realizzazione di protesi fisse su impianti multipli prevedono una serie di step riabilitativi che, a seconda del tipo di protesi, dei materiali e delle tecniche utilizzate, richiedono un’importante conoscenza della materia [2–4].

Innanzitutto è bene specificare che le fasi cliniche per la realizzazione di una protesi fissa su impianti multipli, sia essa cementata o avvitata, possono variare a seconda del caso clinico e del tipo di riabilitazione protesica [5].

In questo articolo ci si limiterà a descrivere le procedure cliniche convenzionali che vengono effettuate per una riabilitazione su impianti multipli, tralasciando quelle relative ai carichi immediati o ai provvisori.

Procedure cliniche convenzionali

Le procedure cliniche convenzionali sono elencabili in:

  1. scopertura;
  2. impronta;
  3. prova della struttura di connessione tra gli impianti;
  4. prova del manufatto finale;
  5. consegna.

Passiamole in rassegna più nel dettaglio.

Fase di scopertura

La prima fase è appunto quella della scopertura (per impianti sommersi).

Durante questo step, effettuato dopo l’attesa dei relativi tempi di osteointegrazione conseguenti all’inserimento implantare, si procede con la scopertura chirurgica delle emergenze implantari, la rimozione delle viti tappo a protezione delle connessioni e il successivo posizionamento delle viti di guarigione sugli impianti.

Questa fase viene bypassata qualora vengano inseriti impianti con colletto liscio transmucoso (tissue-level), in cui la fase di adattamento mucoso al collo implantare avviene contemporaneamente all’osteointegrazione [6].

In seguito alla scopertura chirurgica delle emergenze implantari si deve attendere il tempo appropriato affinché i tessuti molli si riadattino e guariscano correttamente attorno alle viti di guarigione.

Questo tempo può variare da individuo a individuo, ma anche a seconda del tipo di scopertura effettuata, delle manovre chirurgiche, del tipo di viti di guarigione applicate e della quantità di tessuto cheratinizzato [7].

Ciò risulta necessario e fondamentale per la successiva fase di impronta su impianti.

Fase di impronta su impianti

Nella fase di impronta su impianti, oltre alla posizione tridimensionale spaziale delle connessioni, sarà necessario improntare anche i profili e le posizioni dei tessuti molli adiacenti perimplantari e interimplantari.

Tuttavia, la sfida vera e propria dell’impronta su impianti risulta essere quella relativa alla corretta riproduzione tridimensionale delle posizioni delle connessioni nel modello di lavoro del tecnico [8–10].

Prova della struttura di connessione tra impianti

Un’accurata riproduzione delle posizioni delle connessioni nel modello 3D o nel modello in gesso rappresenta il primo passo verso la realizzazione di una protesi “passiva”, ossia di una protesi esente da tensioni, una volta avvitata agli impianti o agli abutment intermedi [11].

L’imprecisione protesica è certamente pericolosa, in quanto aumenta notevolmente il rischio di complicanze meccaniche quali la perdita del torque di avvitamento delle viti di connessione, la frattura delle stesse, il chipping o la frattura dei materiali di rivestimento e/o delle componentistiche protesiche [12–14].

Non è chiaro se la mancanza di passività rappresenti un rischio anche per gli impianti; tuttavia, la ricerca dell’assenza di tensioni durante l’avvitamento del framework è imperativo in una riabilitazione su impianti multipli [15].

A tal proposito, l’impronta in protesi implantare, specialmente nei casi di arcata completa, risulta essere effettuata con polieteri o polivinilsilossani e con la tecnica pick-up con portaimpronte aperto nella maggior parte dei casi [8,16].

Vuoi approfondire questo tema?
Leggi il post dedicato a impronta pick-up e impronta a strappo.

Anche se la presa d’impronta è corretta, le procedure di laboratorio per la realizzazione di una protesi che collega più impianti possono a loro volta introdurre degli errori, che dipendono dai materiali utilizzati e dalle tecniche di produzione del framework [17].

Occorre perciò sempre testare e valutare clinicamente la passività della struttura che collega gli impianti [18].

In genere, per fare questo, si effettua lo “Sheffield Test”, che consiste nell’avvitare la struttura all’impianto più distale o mesiale, per controllare poi clinicamente e radiograficamente la passività del framework sull’impianto controlaterale [12].

Una volta superato tale step, si può procedere con le successive fasi di finalizzazione protesica e di prova del manufatto, dopo l’applicazione del materiale da rivestimento [17].

Prova del manufatto finale

Nello step in questione è necessario controllare sia i punti di contatto interdentali, sia l’occlusione.

Riguardo a quest’ultima, in implantologia esistono diverse linee di pensiero e soluzioni, che vengono proposte a seconda degli scenari [19,20]. Risulta però importante sottolineare come l’assenza di recettori parodontali renda gli impianti dentali estremamente più suscettibili al sovraccarico occlusalerispetto ai denti naturali [19,21].

Data quindi l’incapacità di assorbimento del carico masticatorio e l’impossibilità di adattamento fine della forza occlusale, diventa importante controllare in particolar modo l’occlusione di arcate complete su impianti [19–21].

In questo senso, un’occlusione bilanciata con contatti simultanei bilaterali e di eguale intensità sugli elementi posteriori, il mantenimento di una clearance (10 µm) sui cantilever distali e sui denti anteriori, l’eliminazione di precontatti e interferenze, nonché il controllo delle guide di svincolo e la “libertà di centrica” costituiscono un presupposto fondamentale per un’adeguata riabilitazione full-arch anche a livello occlusale [19–21].

Consegna del manufatto definitivo

Gestita quest’ultima fase clinica, si può procedere alla consegna finale del manufatto definitivo, il quale necessiterà sempre e comunque, nel tempo, di manutenzione, controlli clinici e interventi igienici di mantenimento domiciliari e, soprattutto, professionali, al fine aumentare la longevità della riabilitazione.

Soluzioni ad alta performance per la presa d’impronta

Zhermack offre soluzioni ad alta performance per la presa d’impronta, sia su impianti, sia su monconi naturali. Da una parte, Hydrorise Implant è scansionabile e possiede la rigidità ideale per la presa d’impronta in implantologia. Dall’altra, Hydrorise offre un’elevata riproduzione del dettaglio e idrocompatibilità, che contribuiscono all’ottenimento di impronte precise e accurate su monconi naturali.


Bibliografia

[1]       The Glossary of Prosthodontic Terms: Ninth Edition. J Prosthet Dent 2017;117: e1-e105 n.d.

[2]       Ortensi L, Ortensi M, Minghelli A, Grande F. Implant-Supported Prosthetic Therapy of an Edentulous Patient: Clinical and Technical Aspects. Prosthesis 2020;2:140–52. https://doi.org/10.3390/prosthesis2030013.

[3]       Montanari M, Grande F, Lepidi L, Piana G, Catapano S. Rehabilitation with implant-supported overdentures in preteens patients with ectodermal dysplasia: A cohort study. Clinical Implant Dentistry and Related Research n.d.;n/a. https://doi.org/10.1111/cid.13258.

[4]       Catapano S, Ferrari M, Mobilio N, Montanari M, Corsalini M, Grande F. Comparative Analysis of the Stability of Prosthetic Screws under Cyclic Loading in Implant Prosthodontics: An In Vitro Study. Applied Sciences 2021;11:622. https://doi.org/10.3390/app11020622.

[5]       Lops, D., Bruna, E., & Fabianelli, A. (2014). La protesi implantare. Dental Cadmos, 6(82), 386. n.d.

[6]       Fernández-Formoso N, Rilo B, Mora MJ, Martínez-Silva I, Díaz-Afonso AM. Radiographic evaluation of marginal bone maintenance around tissue level implant and bone level implant: a randomised controlled trial. A 1-year follow-up. Journal of Oral Rehabilitation 2012;39:830–7. https://doi.org/10.1111/j.1365-2842.2012.02343.x.

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[21]     Hämmerle CH, Wagner D, Brägger U, Lussi A, Karayiannis A, Joss A, et al. Threshold of tactile sensitivity perceived with dental endosseous implants and natural teeth. Clin Oral Implants Res 1995;6:83–90. https://doi.org/10.1034/j.1600-0501.1995.060203.x.


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